Grazie mille Anna
!!!
CAPITOLO 2: SINGING FOR HIMQuando mi alzai la mattina successiva trovai solo una coperta sulle spalle e il computer chiuso e spento davanti a me, probabilmente era stata mamma quando era rientrata dal lavoro. Diedi un’occhiata veloce alla sveglia: le 7e 45! Avevo soltanto venti minuti per darmi un aspetto presentabile, raccattare i libri da mettere nello zaino e prendere il motorino per andare a scuola. Sarei arrivata sicuramente in ritardo, non restava altro che firmare un permesso di entrata fuori orario. Ecco uno dei vantaggi della maggiore età. Indossai una maglietta azzurra, un paio di jeans a sigaretta e le converse blu e uscii velocemente di casa. Roma a quell’ora cadeva vittima della frenesia di qualunque metropoli, la differenza più evidente era la scia di mezzi a due ruote che serpeggiavano nel traffico della capitale. Beh io con il mio scassatissimo scooter ero tra loro.
Feci solo 5 delle sei ore, ma fu massacrante lo stesso, a volte mi chiedevo chi me l’avesse fatto fare di iscrivermi al liceo scientifico. Avevo la media del sette, ma come dicevano i professori era più per la mia intelligenza che per un’effettiva volontà di applicazione. Stavo uscendo dall’aula quando venni accalappiata per il braccio da una biondina tutto pepe, ovviamente era Hanna. Svedese, trasferitasi a Roma da un annetto dopo aver trascorso l'infanzia a Milano, era esattamente il mio opposto, ma in poco tempo eravamo diventate ottime amiche. Era stata la prima persona a incrinare la mia barriera di lupo solitario, questo grazie alla sua gentilezza e alla sua allegria costanti. Piccolina, bionda, grandi occhi azzurri, quando eravamo insieme non potevamo di certo sembrare sorelle, ma solo migliori amiche. Ogni cosa tra noi strideva: il suo metro e sessanta con il mio metro e settantre, i suoi capelli biondi con i miei lunghi capelli castani, i suoi vivaci azzurri con i miei profondi occhi nocciola, ma eravamo diverse solo fisicamente perché a livello umano, nonostante le differenze caratteriali, risultavamo complementari.
«Ally allora hai risposto??? Dimmi dimmi di sì» mi chiese Hanna ansiosa. Sbuffai e le dissi che James non voleva solo una risposta, ma desiderava anche conoscermi.
«E allora? Qual è il problema? Magari è un figone da paura. E poi insomma non lo devi mica vedere di persona, ma solo via Internet». Disse con entusiasmo.
«Ma sei più eccitata di me, forse dovresti parlarci tu» le risposi. Hanna mi accusò di aver paura e di non sapermi mettere in gioco. Era inutile la mia migliore amica sapeva toccare i punti giusti e alla fine riuscì a convincermi, quella sera lo avrei aggiunto a Messenger.
Stavo vicino al pc con il mio cheese-burger, quella sera non me lo ero fatto mancare. Erano le ventuno e venticinque quando un trillo del programma mi avvertì: James ti ha contattata. I soliti convenevoli, poi una frase che mi colpì:
Attiva la chiamata vocale, canta per me, amo la tua canzone, la tua voce.Voleva un concerto personale? Ma non seppi rifiutare, impugnai la chitarra e mi esibii per lui. Tre minuti e quarantadue secondi in cui si udì solamente la mia voce e la melodia. Mi emozionai, sentivo qualcosa di speciale in quel momento. Non ero a San Siro davanti a sessantamila persone, ma suonare per LUI stava muovendo qualcosa in me, una lacrima rigò il mio volto.
Here I am, once again
I'm torn into pieces
Can't deny it, can't pretend
Just thought you were the one
Broken up, deep inside
But you won't get to see the tears I cry
Behind these hazel eyes
Davanti a me scorreva la mia infanzia: i giorni passati a cercare di non piangere per l’addio di mio padre, le sere trascorse sola perché mamma era al lavoro per guadagnarsi da vivere, per permettere a me di avere una vita agiata come tutte le mie coetanee. La mia non era più una semplice esibizione, note e voce sgorgavano come uno sfogo, il risentimento stava uscendo dalla sua prigione. Davanti a LUI sentivo di poter essere me stessa, non so il motivo ma stavo tirando fuori tutto ciò che covavo dentro. Alla fine solo una parola
Grazie. Lo conoscevo da poco, ma sentivo che, anche con poche parole, riusciva a entrarmi nell’anima come nessuno aveva mai fatto. Non riuscivo più a scrivergli nulla, ero come intorpidita, probabilmente James lo capì e digitò questa frase:
ora è meglio che ti lasci riposare, sarai stanca. Spero di risentirti presto, notte!Non mi aveva mai visto, aveva solo udito la mia voce per pochi attimi, ma aveva compreso che era il momento di lasciarmi sola, di non esagerare. Probabilmente anche lui stava soffrendo, ma aveva avuto la sensibilità di non ferirmi con i suoi problemi, aveva aspettato e mi aveva lasciata sfogare. Sentii che ora toccava a me essergli di aiuto e così in quel frangente decisi, l’avrei ricontattato.
ps: la protagonista la chiamano tutti Ally, ma si chiama Alice.